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Dress code a scuola: tra moda e decoro

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L'ambiente scolastico, come qualsiasi luogo di aggregazione e lavoro, possiede delle regole riguardanti il modo in cui occorre vestirsi. Il tutto, poi, non viene lasciato al buon senso e al libero arbitrio dei ragazzi e adulti che frequentano le strutture educative, bensì i diversi istituti tendono a redigere veri e propri regolamenti per evitare incomprensioni ed eccessi.
Infatti, mancando totalmente una normativa nazionale che imponga o quanto meno trasmetta delle linee guida in materia di dress code a scuola, la responsabilità di prevedere delle regole viene lasciata ai singoli istituti, i quali decidono di formalizzare all’interno dei loro regolamenti le indicazioni pratiche.


Un classico esempio di dress code scolastico è sicuramente il grembiule, utilizzato normalmente nelle scuole dell'infanzia e per garantire ai bambini in tenera età assoluta eguaglianza.
Più raramente, soprattutto in Italia, si sente parlare di uniformi, che spesso vengono utilizzate nei gradi più avanzanti dell'educazione scolastica.

Proprio perché non esiste una normativa nazionale di riferimento, ogni istituto ha un regolamento differente, ma i principi che si vogliono tenere in considerazione sono tendenzialmente comuni, in quanto stabilire ciò che sia o meno corretto indossare all'interno del complesso scolastico persegue la finalità di garantire il decoro, la sicurezza e l'uguaglianza tra gli studenti, senza possibilità di discriminazione, soprattutto tra sessi.

Alcune scuole, infatti, prevedono restrizioni che riguardano la lunghezza degli indumenti (non troppo corti o succinti) oppure vietano l'utilizzo di scarpe aperte, come sandali o ciabatte.

Tutto questo, spesso, si scontra con il diritto degli studenti di vestirsi come vogliono oppure di seguire le mode del momento, considerando le regole previste come bigotte o troppo restrittive, in particolare durante il periodo primaverile ed estivo, in cui il caldo la fa da padrone.

Ciò che tuttavia deve essere sempre tenuto in considerazione è che la scuola, di qualunque grado o indirizzo sia, persegue delle finalità che in primis riguardano l'educazione e il rispetto per i ragazzi e per gli insegnanti, e ciò al solo scopo di garantire un certo livello di decoro anche all'interno dell'ambiente scolastico, che, anche se non nel senso tradizionalmente inteso, è un luogo di lavoro, in cui si impara a rapportarsi in modo serio con compagni, insegnanti e personale ATA.

Il tema ha avuto inoltre un grande risalto a livello mediatico per alcune vicende accadute in alcuni istituti scolastici, tra le tante una ha visto protagonista un Liceo a Roma dove la vicepreside aveva invitato le studentesse a non indossare la minigonna, per evitare occhiate indiscrete da parte di compagni e professori.
Questa comunicazione aveva avuto in risposta una protesta organizzata da moltissime studentesse della Regione, che si erano presentate nelle proprie aule in minigonna o vestitini sottolineando come quella decisione fosse espressione della violenza di genere.

Non sono chiaramente mancate le risposte che, invece, davano ragione e difendevano la vicepreside del Liceo romano, sottolineando come ogni luogo e ogni contesto necessiti di un abbigliamento adatto e decoroso.
Discorso, ovviamente, esteso ad entrambi i sessi.

Infatti, in un istituto di Treviso il Preside ha imposto un determinato dress code a tutti gli studenti, vietando pantaloncini corti, canotte, top, minigonne o infradito. Tali regole sono state anche estese alle scritte stampate sulle magliette che siano in contrasto con il progetto educativo della scuola.

Sempre nell’ambito dell’autonomia didattica riconosciuta ai singoli istituti scolastici, le scuole possono decidere di applicare delle sanzioni se i regolamenti non dovessero essere rispettati:

1. Nel regolamento del liceo di Torre del Greco si prevede che il dirigente scolastico si riserva la facoltà di non ammettere in classe gli studenti che non rispettano le indicazioni sull’abbigliamento.

2. Il regolamento di un Liceo di Pistoia prevede la possibilità di "un richiamo verbale" da parte del docente nei riguardi dello studente trasgressore e in caso di reiterazione, "il coinvolgimento del consiglio di classe che si esprimerà in merito".

3. Altri istituti invece prevedono diversi gradi di sanzioni: richiamo verbale, colloquio con coordinatore di classe e nota sul registro di classe, seguita da comunicazione scritta alla famiglia.

La vicenda pertanto, seppur in assenza di una normativa a livello nazionale, induce a compiere una riflessione sul difficile equilibrio tra libero arbitrio e rispetto e decoro all'interno delle istituzioni.

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