Con l’ordinanza n. 11697 del 17 giugno 2020 la Corte di Cassazione ha ribadito che il datore di lavoro è legittimato a servirsi delle agenzie investigative per accertare la sussistenza della condizione di incapacità lavorativa in capo al dipendente assente dal lavoro a causa di malattia o infortunio.
Infatti, come già deciso in altri precedenti giudizi del 2015 e del 2017, anche recentemente la magistratura ha confermato che il solo sospetto o la mera ipotesi di un illecito in corso di esecuzione da parte del dipendente, che si trova in congedo per motivi di salute, giustifica l'espletamento del controllo datoriale mediante investigazioni private.
Nel caso di specie il dipendente aveva certificato, con il referto del pronto soccorso depositato all'INAIL, di essersi procurato un trauma contusivo mentre si allontanava dal luogo di lavoro a bordo del proprio scooter.
Nonostante gli fosse stato prescritto il riposo assoluto per alcuni giorni, il lavoratore risultava essersi dedicato a svariate attività fisiche, ad esempio pedalando per ore e camminando per il centro cittadino con il figlio sulle spalle.
Accertate queste condotte, contrarie alla buona fede e alla correttezza previste ai sensi degli articoli 1175 e 1375 c.c., il datore di lavoro aveva intimato al lavoratore il licenziamento per giusta causa.
Avverso al provvedimento disciplinare l'ex dipendente ricorreva in primo e in secondo grado ai giudici competenti, quali dapprima il Tribunale e successivamente la Corte d'Appello di Genova; le doglianze vertevano in via principale sulla contrarietà dei controlli investigativi disposti dal datore di lavoro, rispetto all'art. 5 dello Statuto del Lavoratore.
In particolare la disposizione da ultimo richiamata prevede che sono vietati accertamenti da parte del datore di lavoro sulla idoneità e sulla infermità per malattia o infortunio del lavoratore dipendente, in quanto il controllo delle assenze per infermità può essere effettuato soltanto attraverso i servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti.
Sul ricorso così proposto dal lavoratore dipendente avverso la sentenza n. 209/2018 della Corte d'Appello ligure, la scorsa settimana i giudici di legittimità hanno ritenuto innanzitutto escluso che gli accertamenti espletati avessero una finalità di tipo sanitario, essendo tesi esclusivamente ad una verifica della “non riscontrabilità della malattia o della idoneità di essa a giustificare uno stato di incapacità lavorativa rilevante"
Inoltre la Corte ha confermato la legittimità dell'accertamento effettuato mediante controlli di tipo investigativo, non attenedo gli stessi allo svolgimento dell'attività lavorativa stricto sensu, bensì a comportamenti adottati al di fuori dell'ambito lavorativo e disciplinarmente rilevanti.
Infine il Collegio ha valutato che i comportamenti fossero palesemente in contrasto con i più elementari obblighi di correttezza e buona fede dell'esecuzione del rapporto di lavoro: tant'è che nel caso il lavoratore avrebbe dovuto comunicare al datore l'intervenuto recupero delle proprie abilità fisiche.
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