Il ruolo dell’avvocato nell’ambito del diritto di famiglia è un ruolo molto delicato; l’obiettivo principale è quello di rappresentare le persone che vengono assistite in un dialogo che, invece di adeguarsi necessariamente alle regole del diritto, del processo e della prova, possa orientarsi più apertamente verso la comprensione degli avvenimenti che hanno dato luogo alla lite.
Tale approccio deve avvenire senza il timore che essi arrechino pregiudizio alle ragioni dell'uno o dell'altro, ma con la certezza che costituiscano il mezzo per trovare la giusta soluzione: è come se si trattasse della ricerca di una verità diversa da quella processuale e più aderente alla realtà delle cose che effettivamente accadono, anche se non processualmente provate.
Sulla base delle plurime fonti sovrannazionali (Linee Guida Europee e Convenzioni Internazionali a tutela del fanciullo) e delle normative interne (quale la legge n. 162 del 2014, oltre ai principi deontologici per cui è dovere del procuratore proteggere tutti gli interessi pubblici emergenti nel corso del processo), il moderno avvocato familiarista è tenuto ad assistere la madre o il padre, sulla base del mandato sottoscritto, anteponendo proprio l’interesse primario del minore; in altre parole il bravo avvocato che si occupa del diritto di famiglia deve contestualmente lavorare alla difesa del proprio cliente e perseguire la tutela del minore arginando la cd. microconflittualità genitoriale, cioè quei banali litigi strumentali al mero scontro di coppia.
Infatti quando l’avvocato stipula il contratto di patrocinio con un genitore, per assisterlo in un procedimento che coinvolge i figli, egli perviene di fatto alla conclusione di un contratto «ad effetti protettivi verso terzi». Pertanto il procuratore che non ottemperi a tale accordo può essere destinatario di un rimprovero nelle sedi competenti (in primis quella della responsabilità civile) per condotte attive od omissive che abbiano contribuito a causare un nocumento al minore, per effetto della omessa o mancata protezione dell’interesse superiore del fanciullo.
Questo è quanto stabilito dal Tribunale di Milano, Sezione IX, in una sentenza del 23.03.2016 del Dott. Buffone; con tale sentenza, il Tribunale, dopo aver rimarcato la mancanza di comunicazione tra i genitori, ha affermato che tale accesa conflittualità interpersonale potrebbe comportare un significativo blocco delle funzioni decisionali inerenti alla vita del soggetto minore, ponendo l’accento principalmente sulla difformità di vedute e orientamenti educativi e sull’incapacità delle parti di scindere la compromessa relazione di coppia dai profili di gestione del compito genitoriale.
Oggetto della diatriba, nel caso di specie, sono le festività pasquali. Il Tribunale ha pertanto specificato che le festività nazionali sono individuate direttamente dalla legge e per festività pasquali si intende, ex lege, il giorno della domenica (pasquale) e il giorno di lunedì dopo Pasqua, individuate per ciascun calendario annuale.
Sempre la legislazione prevede che la festività nazionale occupi il completo orario del giorno (da qui il diritto del genitore a cui compete la festività, di prelevare i figli sin dal mattino). Ne consegue che nessun intervento del giudice è ammesso ove è la legge (che le parti e soprattutto i difensori hanno l'obbligo di conoscere) a prevedere espressamente una soluzione esplicita.
Sotto tale aspetto ciò che bisogna sottolineare è la pretestuosità del conflitto tra i genitori; è opportuno ricordare che tale conflittualità patologica dei genitori, ove consapevolmente coltivata, senza tenere conto delle misure giurisdizionali poste in essere dal giudice civile, è idonea a costituire in astratto notizia di reato, relativamente alla fattispecie di cui all'art. 572 c.p., ai danni del minore coinvolto.
In tale contesto di conflitto e lite, l’avvocato ha l’obbligo e il dovere di svolgere un ruolo protettivo nei confronti del minore, non assecondando diverbi fondati su situazioni prive di concreta rilevanza e arginando il conflitto invece che alimentarlo, in quanto la sua funzione principale consiste nel garantire la tutela degli interessi individuali e collettivi; nel processo di famiglia, dunque, l'avvocato è difensore del padre o della madre ma certamente deve adoperarsi per essere anche difensore degli interessi del minore, che vanno sempre considerati come primari e superiori.
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