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Primi passi sulla parità di genere in Italia con la nuova legge 162

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Il 18 novembre scorso è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la Legge 162/2021, la quale apporta diverse modifiche al codice di cui al decreto legislativo n. 198/2006, meglio conosciuto come Codice delle pari opportunità, il cui scopo è la prevenzione e rimozione di ogni forma di discriminazione tra uomo e donna, che abbia come conseguenza o come scopo di compromettere ovvero di impedire il riconoscimento, il godimento o l'esercizio dei diritti umani e delle libertà fondamentali in ogni campo della socialità.

Le discriminazioni in ambito lavorativo

La nuova legge allunga l'elenco dei comportamenti che costituiscono una discriminazione in ambito lavorativo, stabilendo che: "ogni trattamento o modifica dell'organizzazione delle condizioni e dei tempi di lavoro che, in ragione del sesso, dell'età anagrafica, delle esigenze di cura personale o familiare, dello stato di gravidanza nonché di maternità o paternità, anche adottive, ovvero in ragione della titolarità e dell'esercizio dei relativi diritti, verrà considerata e punita come discriminazione di genere sul luogo di lavoro."

Inoltre i medesimi trattamenti dovranno porre i lavoratori in almeno una delle condizioni elencate nella legge, le quali prevedono:

• Una posizione di svantaggio rispetto alla generalità degli altri lavoratori;

• La creazione di una limitazione delle opportunità di partecipazione alla vita o alle scelte aziendali;

• La creazione di una limitazione all'accesso ai meccanismi di avanzamento e di progressione nella carriera.

Rapporto biennale per le imprese oltre i 50 lavoratori

Un'ulteriore spinta verso la parità di trattamento tra generi viene data dall'introduzione del rapporto biennale che le imprese con più di 50 lavoratori dovranno compilare.

In questo rapporto dovrà essere evidenziata la situazione del personale maschile e femminile in ognuna delle professioni occupate nel comparto aziendale, nonché il relativo stato di assunzione e di formazione.

Il rapporto verrà redatto esclusivamente in forma telematica, compilando un modello pubblicato sul sito internet istituzionale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

Proprio il Ministero del Lavoro, con proprio decreto, definisce, ai fini della corretta redazione del rapporto, quali indicazioni dovrà contenere e nello specifico:

- Dovrà necessariamente indicare il numero dei lavoratori occupati appartenenti ad ambo i sessi, il numero dei lavoratori di sesso femminile eventualmente in stato di gravidanza, il numero dei lavoratori distinti per sesso assunti nel corso dell'anno, le differenze tra le retribuzioni iniziali dei lavoratori di ciascun sesso e tutte le altre specifiche concernenti l’ambito contrattuale e retributivo;

- Dovranno essere inserite informazioni e dati sui processi di selezione e reclutamento, nonché le modalità di accesso al rapporto da parte dei dipendenti e delle rappresentanze sindacali dell'azienda interessata, nel rispetto della tutela dei dati personali, al fine di usufruire della tutela giudiziaria.

Tali dichiarazioni verranno controllate dall'Ispettorato nazionale del lavoro, il quale se riscontri dati mendaci o incompleti potrà applicare la sanzione amministrativa pecuniaria prevista, che va da un minimo di € 1.000 a un massimo di € 5.000.

La certificazione della parità di genere

A decorrere dal 1° gennaio 2022 vedrà la luce la certificazione della parità di genere, la quale ha due scopi:

1. Attestare quali politiche e misure in concreto siano state adottate dai datori di lavoro per ridurre il divario di genere in relazione alle opportunità di crescita in azienda, alla parità salariale a parità di mansioni e alla tutela della maternità.

2. Premiale: per l'anno 2022, alle aziende private che siano in possesso della certificazione appena descritta, è concesso un esonero dal versamento dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro.
Questo esonero viene determinato in misura non superiore all'1% e nel limite massimo di 50.000 euro annui per ciascuna azienda.

Queste molteplici novità si prefiggono lo scopo di rendere meno impervio il cammino dell’Italia verso la vera parità nel mondo del lavoro, dove le sfide da affrontare sono molteplici.

La situazione attuale: il gender pay gap

Se si guarda ai fati raccolti da Eurostat, nella graduatoria dei Paesi Europei, l’Italia si colloca tra i paesi più virtuosi in merito al gender pay gap o differenza salariale tra donne e uomini (il divario è commisurato al 4%). Francia e Germania hanno percentuali ben più alte, toccando in alcune Regioni il 20%.

Prendendo invece le statistiche europee relative al tasso di disoccupazione femminile, il nostro Paese “cade” terzultimo posto, superato solo da Malta e dalla Grecia.

Chiaramente, le due statistiche vanno lette insieme e rappresentano una situazione non rassicurante, poiché dicono che la gran parte di donne italiane non rientra nella base di calcolo della statistica sulla differenza retributiva, perché è totalmente priva di occupazione.

Per approfondire leggi anche:

Parità salariale uomo donna: una legge contro il gender pay gap

Family act: tutte le misure a sostegno di famiglie, donne e ragazzi

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