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Cos'è lo straining? Tra mobbing e condotte vessatorie sul luogo di lavoro

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Con la sentenza n. 29101 del 19 ottobre 2023 la Corte di Cassazione ha delineato un nuovo fenomeno del mondo del lavoro: lo straining.
Dall’inglese “ to strain”, ha un significato molto simile a quello di “to stress”, stringere, distorcere, mettere sotto pressione e indica, infatti, una situazione di stress forzato sul posto di lavoro, in cui il lavoratore subisce da parte dell'aggressore (che solitamente è un superiore) almeno un’azione ostile e stressante, i cui effetti negativi sono di durata costante nel tempo.
La vittima, inoltre, deve trovarsi in persistente inferiorità rispetto allo strainer, la cui azione viene diretta volontariamente contro una o più persone in maniera discriminante.


Qual è la differenza con il mobbing?

Lo Straining, si differenzia dal Mobbing, per il modo in cui è perpetrata l’azione vessatoria.

Si parla di mobbing quando l’azione di molestia è caratterizzata da una serie di condotte ostili, continue e frequenti nel tempo, con consequenziale danno alla salute.

Due, dunque, sono gli elementi costitutivi di tale illecito:
- elemento oggettivo:  reiterata serie di condotte vessatorie;
- elemento soggettivo: tali condotte devono mirare tutte a un unico scopo, quello di emarginare, allontanare o umiliare il dipendente.
 
Nello Straining, invece, viene meno il carattere della continuità delle azioni vessatorie.

Per parlare di Straining, quindi, è sufficiente anche una sola azione, si pensi ai casi di demansionamento o di trasferimento, tuttavia è necessario che questa azione abbia effetti duraturi nel tempo e che generi uno stress superiore rispetto a quello connaturato alla natura stessa del lavoro e deve essere diretta nei confronti di una vittima in maniera intenzionale con lo scopo preciso di provocare un peggioramento permanente della condizione lavorativa.

Come viene qualificato giuridicamento lo straining?

Con la sentenza in commento la Corte di Cassazione ha specificato che qualora venga riscontrata anche una sola condotta vessatoria è possibile riconoscere un illecito ai sensi dell'art. 2087 c.c. con consequenziale ammissione di un risarcimento del danno a favore del lavoratore; difatti, secondo l’articolo 2087 del Codice Civile, il datore di lavoro deve tutelare le condizioni di lavoro preservando la salute fisica e mentale del dipendente.
Lo straining è considerato dunque un atto lesivo di tale norma: è un illecito che viola il diritto alla salute e al benessere psicofisico del lavoratore.

Ulteriore novità sancita dalla suddetta sentenza riguarda la possibilità da parte del Giudice di giungere ad una diversa qualificazione, una volta accertato il compimento di una condotta contraria all’art. 2087 c.c., senza dare rilievo all’originaria prospettazione della domanda giudiziale in termini di danno da mobbing e non da straining.

Alcuni casi di straining

Un caso interessante su cui si è pronunciato la Cassazione riguarda quello del dipendente di banca che era stato progressivamente allontanato dalla direzione generale e aveva ricevuto delle lettere di scherno diffuse sul luogo di lavoro. In tal caso gli episodi accertati, anche se distanziati nel tempo e, come tali, non rientranti nei parametri del mobbing, erano stati tali da provocare nel dipendente situazioni di stress fonte di grave frustrazione (Cass. 7844/2018).

Sono state, inoltre, qualificate come straining e non come mobbing le condotte tenute nei confronti di un’impiegata amministrativa di una scuola consistite nella immotivata privazione degli strumenti di lavoro, nell’assegnazione di mansioni incompatibili con lo stato di salute e nella riduzione in una condizione di umiliante inoperosità (Cass. 3977/2018).

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