Con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono gli stessi obblighi: l’obbligo di reciproca fedeltà, l’obbligo di assistenza morale e materiale, l’obbligo di collaborazione nell’interesse della famiglia e la coabitazione
I doveri elencati nel presente articolo per un coniuge diventano diritti per l’altro: così l'obbligo di fedeltà è l’astenersi reciprocamente da relazioni sentimentali con altri soggetti; l’assistenza reciproca implica il soddisfacimento materiale e morale delle esigenze del coniuge; la coabitazione è la convivenza durevole presso la stessa residenza (e non presso il domicilio che ha un significato maggiormente relativo alla professione e agli affari del soggetto).
La capacità di lavoro è da intendersi in senso solidaristico nell’ottica della pari contribuzione per i bisogni comuni, in maniera reciproca e non determinabile inizialmente; così andranno parificati il lavoro professionale ed il lavoro casalingo di chi, pur non producendo direttamente il reddito, provveda a tutte le faccende domestiche (contributo del coniuge è da intendersi in senso ampio, comprensivo tanto dei redditi guadagnati, quanto del patrimonio costituito, conservato e via via accumulato).
La contribuzione è sempre nell’interesse collettivo della famiglia, e non esclusivo dell’altro coniuge.
Il tradimento può anche essere motivo di addebito della separazione quando la relazione sia precipitata per colpa del coniuge fedifrago, in pratica qualora il giudice accerti che il suo comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio abbia assunto specifica importanza nella determinazione della crisi coniugale.
La giurisprudenza, con il passare del tempo, ha sancito la natura giuridica dei doveri che derivano ai coniugi dal matrimonio e si è spinta al punto da affermare che la relativa violazione, ove cagioni la lesione di diritti costituzionalmente protetti, ben può integrare gli estremi dell’illecito civile e dare luogo a un’autonoma azione volta al risarcimento dei danni non patrimoniali ex art. 2059 c.c.
A tal fine non sarà necessario l’addebito della separazione, in quanto il tradimento comporta la lesione, in modo offensivo e ingiurioso, di diritti fondamentali di rango costituzionale, come la dignità, l’onore, la riservatezza, la morale, la privacy e l’integrità psicofisica della persona.
Questo ci fa comprendere come i doveri derivanti ai coniugi dal matrimonio non trovano rimedio solo nelle ipotesi previste dal diritto di famiglia e, in particolare, nell’addebito della separazione, atteso che è possibile configurare in tali casi un illecito civile che, conseguentemente, può esporre all’obbligo del risarcimento dei danni sia patrimoniali che non patrimoniali.
Tale risarcimento è dovuto indipendentemente dalla mancata pronuncia di addebito in sede di separazione giudiziale o dalla declaratoria di separazione consensuale; tuttavia, secondo quanto sostenuto dalla Cassazione, così come avviene nella generalità dei casi, tale tipo di danno non può mai ritenersi “in re ipsa”, atteso che è onere del danneggiato allegare e provare, anche attraverso presunzioni semplici, l’evento dannoso patito.
Tutto quanto premesso sopra è stato ribadito con sentenza del Tribunale di Reggio Emilia n. 558 del 24 giugno 2020: nel caso in questione il marito sottolineava come la ex moglie gli aveva nascosto di essere incinta di un altro uomo.
L’elemento costitutivo della domanda risarcitoria non consiste nella violazione del dovere di fedeltà (questo perché la mera infedeltà non è di per sé idonea a fondare la domanda risarcitoria), ma consiste nella consapevolezza della ex moglie di essere rimasta incinta a causa di una relazione extraconiugale.
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