La Corte di Cassazione, con l'ordinanza numero 1476 del 2021, ha introdotto in Italia la cosiddetta adozione mite; si tratta di una particolare forma di adozione che mira a mantenere attivi, seppur in misura attenuata, i rapporti tra i genitori biologici e il figlio adottato da una nuova famiglia; l'istituto può trovare applicazione solo in situazioni di abbandono semipermanente o a carattere ciclico, in cui sia ovviamente possibile la permanenza di un legame con la famiglia di origine.
Infatti, nell'ottica opposta, gli ermellini hanno stabilito che l'adottabilità del minore debba essere dichiarata quando lo stato di abbandono sia "endemico e radicale", a fronte dell'irreversibile incapacità dei genitori di allevare il figlio e di curarlo.
Questa decidione della Corte si radica nell'articolo 8 della CEDU (Corte Europea dei diritti dell'uomo), ove è previsto l'obbligo di rispettare la vita familiare e di agire in maniera tale da consentire a tutti i legami familiari di svilupparsi, implicitamente mosso a favorire il ricongiungimento dei legami biologici, purchè nel bilanciare i diritti in gioco sia sempre garantito e tutelato l'interesse supremo del minore; sulla stessa linea, la Corte EDU afferma da sempre che l'adozione deve costituire una soluzione residuale.
Sulla base di questo quadro nomativo, la Corte di Cassazione ha introdotto l'adozione mite sfruttando, come tradizione accade nella prassi giurisprudenziale in materia, l'articolo 44 lettera d) della legge numero 184 del 1983; questa disposizione, infatti, funge da valvola di chiusura del sistema, consentendo che i minori possano essere adottati anche quando non vi sia la possibilità di affido preadottivo.
Per completezza si specifica che l'affido preadottivo è una forma di affidamento, della durata di un anno, che ha lo scopo di sondare, nell'interesse del minore, l'attitudine degli aspiranti genitori a educare, istruire e mantenere l'adottando; in altre parole il periodo durante il quale il minore è affidato alla famiglia costituisce un passaggio intermedio e sperimentale, il cui esito positivo conduce all'adozione del minore.
In conclusione, i giudici hanno stabilito che, dopo aver compiuto le opportune indagini istruttorie, il giudice può sfruttare l'articolo 44 lettera d), che, per quanto tecnicamente dedicato all'affidamento preadottivo, costituisce un idoneo strumento giuridico per consentire l'adozione mite.
Grazie a questo meccanismo di applicazione delle norme, lo Stato Italiano riesce ad adempiere al dettame CEDU e a conformarsi alla giurisprudenza sovranazionale, perseguendo il "fine di non recidere del tutto, nell'accertato interesse del minore, il rapporto tra quest'ultimo e la famiglia d'origine".
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