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Cessione di immobili in fase di separazione: è possibile la revoca?

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La vicenda trae origine da un atto pubblico con il quale, in esecuzione agli accordi di separazione omologati dal Tribunale, il marito aveva trasferito alla moglie a titolo gratuito, la proprietà della quota parte del 50% di un immobile sito in Roma di particolare pregio.
Se tale operazione, normalmente, non dovrebbe comportare alcun problema, nel caso di specie le cose si complicano e possono comportare l’applicazione dell’azione revocatoria in quanto il marito era anche garante di una società a responsabilità limitata e conseguentemente possedeva dei debiti riferibili alla stessa.


Una società creditrice di detta società, ritenendo che il patrimonio del proprio debitore garante fosse diminuito recandogli un pregiudizio, proponeva domanda ex art. 2901 c.c., promuovendo la cosiddetta azione revocatoria per il recupero del credito vantato.
Questa azione può essere utilizzata dal creditore per rendere inefficaci gli atti di disposizione del patrimonio con i quali il debitore rechi pregiudizio alle sue ragioni.

Ciò significa che l'atto impugnato non viene eliminato, non producendo infatti un effetto restitutorio, poiché il bene non rientra nel patrimonio del debitore, ma il creditore agente potrà considerare quel bene come se non fosse mai stato oggetto dell'atto dispositivo e quindi come se facesse ancora parte del patrimonio del debitore.

Per poter esperire in modo efficace l'azione revocatoria devono sussistere alcune condizioni previste dal medesimo art. 2901 c.c.:

1) Se l’atto è fatto a titolo gratuito: che il debitore conoscesse il pregiudizio che l'atto arrecava alle ragioni del creditore o, trattandosi di atto anteriore al sorgere del credito, l'atto fosse dolosamente preordinato al fine di pregiudicarne il soddisfacimento;

2) Se l’atto è fatto a titolo oneroso: oltre alle precedenti condizioni è necessario anche che il terzo fosse consapevole del pregiudizio e, nel caso di atto anteriore al sorgere del credito, fosse partecipe della dolosa preordinazione.

Inizialmente la domanda proposta ex art. 2901 c.c. veniva rigettata in primo grado, ma la questione è stata totalmente ribaltata già in Corte d'Appello, per la quale la pretesa azionata dal creditore era corretta e meritava accoglimento.
Veniva così dichiarata l'inefficacia dell'atto di trasferimento dell'immobile nei confronti della società creditrice.

Gli ex coniugi, legittimati entrambi ad agire, promuovevano ricorso in Cassazione affidandosi nei propri ricorsi a due motivi:
- L'omessa o insufficiente motivazione, il ricorso principale della moglie
- La non corretta valutazione delle capacità economiche residue rispetto alla cessione, il ricorso incidentale del marito.

La Corte, nella propria disamina delle questioni rilevanti al caso, opera una precisa ricostruzione in tema di efficacia degli accordi economici tra coniugi separati.

Infatti, primariamente si deve considerare il fatto che, i soggetti terzi alla coppia in separazione, che abbiano con i componenti di essa un rapporto economico, potrebbero subire delle conseguenze della ridotta capacità di spesa e della contrazione della garanzia del credito a seguito delle vicende processuali.

Proprio l'evento dannoso è il primo elemento considerato dai giudici di legittimità, il quale deve essere valutato oggettivamente e quindi deve essere verificato se l'atto di disposizione del patrimonio abbia effettivamente pregiudicato le ragioni creditorie.
Nel caso di specie la Corte precisa che stante le allegazioni prodotte con riferimento agli accordi di separazione: "risulta palese l'insufficienza del reddito del marito a garantire l'adempimento dell'obbligazione contratta nei confronti dell'odierna appellante".

Inoltre la Corte, in applicazione delle condizioni previste dall'art. 2901 c.c. ed in particolare di quelle che si riferiscono ad atti a titolo gratuito, chiarisce che a seguito dell'accertamento della condizione patrimoniale, non poteva escludersi la consapevolezza da parte del debitore del pregiudizio del suo atto alle ragioni del creditore.

Se quindi l'evento dannoso era stato accertato, occorre ora stabilire se l'atto dannoso sia revocabile quando sia parte degli accordi omologati in sede di separazione.

Sul punto i Giudici di legittimità proseguono un percorso già reso uniforme da precedenti sentenze secondo cui: “è suscettibile di revoca ai sensi dell'art. 2901 c.c. il contratto con cui un coniuge trasferisca all'altro un immobile, al dichiarato fine di dare esecuzione agli obblighi assunti in sede di separazione consensuale omologata".

La ragione di questo risiede nel fatto che “il trasferimento di un immobile, effettuato da un coniuge a favore dell'altro in ottemperanza a patti assunti in sede di separazione consensuale, trae origine dalla libera determinazione del coniuge e diviene dovuto solo in conseguenza di un impegno assunto in costanza dell'esposizione debitoria nei confronti di un terzo creditore”.

Di conseguenza, in questo caso “l'accordo separativo costituisce esso stesso parte dell'operazione revocabile e non fonte di obbligo idoneo a giustificare l'applicazione dell'eccezione prevista dall'art. 2901, comma 3, c.c. (Cass., 17612/2018; Cass., 1144/2015; Cass., 1404/2016; Cass., 13364/2015)”.
Anche la Corte di Cassazione, quindi, con la Sentenza n. 28558/2024 respinge i ricorsi confermando la pronuncia dei Giudici di secondo grado.

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