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Acquisto di un immobile da intestare al coniuge: si può chiedere la restituzione delle somme?

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Molto spesso capita in costanza di matrimonio che i coniugi si concedano prestiti di somme di denaro con l'intenzione poi, nel caso in cui il matrimonio non andasse a buon fine, di richiedere la restituzione delle suddette. Non è sempre così.
Difatti, in sede di separazione a volte trovare un accordo diventa molto difficile, soprattutto per le dinamiche personali che si vengono a creare tra gli ex coniugi.


Proprio in ragione di tale difficoltà, la Corte di Cassazione si è trovata in più occasioni ad affrontare la questione di prestiti di denaro fatti da un coniuge in favore dell'altro al fine di acquistare o ristrutturare un immobile intestato a solo uno dei due con la pretesa di restituzione della somma da parte di colui che ha sostenuto l'esborso.
Ma cosa dice la Giurisprudenza? Sul punto gli Ermellini sembrano ormai unanimi nel considerare tali attività quali donazioni indirette, dunque sorretti da spirito di liberalità.


- Prestito somme di denaro per l'acquisto di un immobile intestato all'ex coniuge

Nel caso in cui il coniuge con più capacità patrimoniale decida volontariamente di prestare la somma di denaro all'altro coniuge per l'acquisto di un immobile, anche in comproprietà, o decida di accollarsi interamente le rate del mutuo, in un secondo momento non può chiedere la restituzione delle suddette.
Difatti, la Cassazione con l'ordinanza n. 24160/2018, richiamata poi dalla recente ordinanza n. 14740/2022, stabilisce che: «Il conferimento in denaro effettuato da un coniuge, attraverso il quale l’altro coniuge acquisti un immobile, è riconducibile nell’ambito della donazione indiretta, come tale perseguente un fine di liberalità e revocabile solo per ingratitudine del donatario».


- Somme per ristrutturazione dell'immobile intestato all'ex coniuge

Molto chiara è anche la Giurisprudenza sulla restituzione delle somme prestate dal coniuge per la ristrutturazione di un immobile inetstato all'ex coniuge.
Con Ordinanza n n. 23882/21, gli Ermellini hanno negato al ricorrente la restituzione delle suddette somme non accogliendo la richiesta poichè non ritenevano applicabile l'art. 1150 c.c..

Difatti, secondo il ricorrente la somma doveva essere restituita dall'ex coniuge proprietario dell'immobile ristrutturato in ossequio alla suddetta norma che prevede che “il possessore, anche se di mala fede, ha diritto al rimborso delle spese fatte per le riparazioni straordinarie. Ha anche diritto ad indennità per i miglioramenti recati alla cosa, purché sussistano al tempo della restituzione. L’indennità si deve corrispondere nella misura dell’aumento di valore conseguito dalla cosa per effetto dei miglioramenti, se il possessore è di buona fede; se il possessore è di mala fede, nella minor somma tra l’importo della spesa e l’aumento di valore.”
Tuttavia, la Corte ha rigettato tale tesi ritenendo che il marito o il convivente more uxorio che abita e migliora la casa coniugale lo fa per aderire ad un “programma di vita in comune, esercitando un potere di fatto basato su di un interesse proprio ben diverso da ragioni di mera ospitalità, tale da assumere i connotati tipici di una detenzione qualificata, che ha titolo in un negozio giuridico di tipo familiare, senza quindi potersi ritenere un possessore”.

Che cos'è la donazione indiretta?

La donazione è il contratto con il quale un soggetto (detto “donante”) trasferisce un proprio diritto (ad esempio: la proprietà di un immobile o di una somma di denaro) ad un altro soggetto (detto “donatario”) o assume verso quest’ultimo una obbligazione (ad esempio: l’obbligo di corrispondergli una rendita vitalizia) per spirito di liberalità, senza cioè ricevere una controprestazione e quindi con l’effetto di incrementare l’entità della sfera giuridica del donatario a detrimento della sfera giuridica del donante.
Si parla di donazione indiretta in tutti quei casi in cui si verifica un arricchimento del beneficiario in correlazione ad un connesso “impoverimento” del disponente senza che sia stipulata una donazione “formale”, vale a dire il contratto, necessariamente veicolato attraverso un atto pubblico notarile e ricevuto in presenza di due testimoni.

Può essere restituita tale donazione?

Cause di ripetizione o restituzione della donazione indiretta sono: la sopravvenienza del figlio e l'ingratitudine del donatario.

L’ingratitudine si configura in caso di separazione, solo per il compimento di gravi reati, ingiuria grave, grave danno al patrimonio del donante, rifiuto di corrispondere gli alimenti.
La Cassazione aveva sostenuto che la relazione extraconiugale - pur potendo rilevare ad altri fini, come per l’addebito della separazione - costituisce ingiuria grave solo se a essa si accompagna un atteggiamento di disistima ed avversione da parte del coniuge infedele, con caratteristiche di disprezzo ed offesa nei confronti dell’altro coniuge.


Cosa è possibile fare in tutti questi casi per tutelarsi?

Ottima soluzione è quella di documentare tali attività  con un atto scritto e firmato dalle parti coinvolte, anche con semplice scrittura privata, senza necessità di notaio, nel quale le parti disciplinano e regolamentano tale prestito e l'eventuale restituzione del suddetto.

Per approfondire leggi anche:

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