Come oramai ben noto, il green pass o certificazione verde, è una misura adottata per consentire la graduale ripresa delle iniziative economiche, contemperando l'esigenza di contenimento dell'epidemia in corso.
Tale misura è presente in quasi tutta Europa e viene disciplinata in Italia dal decreto legge n. 52/2021.
Il successivo decreto legge n. 127/2021 ha reso l'esibizione del green pass obbligatorio per accedere ai luoghi di lavoro, sia nel settore pubblico che privato, al fine di tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori.
In mancanza di possesso o di esibizione del certificato, il lavoratore viene considerato assente ingiustificato e non ha diritto alla retribuzione, sino alla messa in regola della propria condizione.
Al momento le certificazioni verdi sono rilasciate solo in alcune ipotesi tassative:
- Avvenuta vaccinazione contro il Covid;
- Guarigione dall'infezione da Covid;
- Effettuazione di un test antigenico rapido o molecolare, con esito negativo.
Le novità in arrivo
In questi giorni si sente molto parlare delle modifiche che potrebbero intervenire proprio sulle modalità di ottenimento del green pass. Di seguito quelle che potrebbero essere le novità in arrivo, ancora chiaramente da confermare:
1. Green pass solo per i vaccinati: questa la novità di maggior impatto. Il passaporto Covid verrebbe rilasciato solo a chi si è sottoposto al vaccino oppure sia guarito dalla malattia, stop invece alla possibilità di averlo attraverso un tampone negativo;
2. Durata green pass: la durata della validità della certificazione al momento è fissata a 12 mesi per i vaccinati, ma potrebbe nuovamente essere ridotta e tornare ad avere la validità originaria di 9 mesi;
3. Green pass per i guariti: il Governo intende avviare un approfondimento per capire se ci siano le condizioni per valutare diversamente il certificato verde rilasciato ai guariti.
Stop ai tamponi rapidi per ottenere il green pass?
Proprio in merito al primo punto possono sorgere almeno due questioni:
• Verranno esclusi tutti i tamponi? In seno al Governo si stia facendo strada l'idea che, per fronteggiare il rialzo della curva dei contagi, sia necessaria un'ulteriore stretta e che questa possa consistere nell'eliminare la possibilità di ottenere il green pass con un semplice tampone rapido.
Tale scelta deriverebbe dalla constatazione che il tampone molecolare, rispetto a quello rapido, offre risultati più affidabili, tuttavia presenta un costo superiore (circa il triplo di quello rapido), l'esito dello stesso è disponibile dopo 1/2 giorni e la sua validità è pari a 72 ore (quello rapido dà risultati immediati e ha validità pari a 48 ore).
• La seconda questione, strettamente collegata a quanto appena esposto, riguarda le possibili conseguenze di una norma del tenore: green pass ottenibile solo con vaccino.
Obbligo vaccinale e diritti individuali: la giurisprudenza
La recente giurisprudenza sul tema ha ritenuto che le norme sul green pass non impongano un obbligo vaccinale, dal momento che per ottenere il documento in questione vi sono delle alternative, rispetto al vaccino stesso, e cioè quello di dimostrare di essere risultati negativi ad un tampone; così il Tar Lazio, ord. n. 5705 del 20 ottobre 2021.
Dello stesso tenore la successiva pronuncia dello stesso tribunale, ordinanza n. 6154/2021, con cui si è sottolineato che "la scelta di non vaccinarsi non è necessariamente da considerarsi intangibile, poiché va contemperata con altri interessi fondamentali, come la salute pubblica e quello di assicurare il regolare svolgimento delle attività essenziali".
Da ultimo il Consiglio di Stato, con il decreto n. 5950/2021, evidenzia che "l'asserita priorità del diritto individuale alla salute quale fondamento del rifiuto di vaccinarsi non può avere valore assoluto, allorché sia posto a confronto con l'eguale diritto di una collettività di persone il cui diritto a scongiurare possibili contagi ha prevalenza perché espressione di una componente della salute pubblica".
Da queste pronunce emerge che il green pass non è considerato discriminante poiché, al momento, esistono delle alternative pertanto eliminandole il certificato diventerebbe nei fatti discriminatorio e da valutare sotto il profilo della costituzionalità.
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