Ascolta "Una donna può nascondere la gravidanza al padre presunto?" su Spreaker.
Nel nostro ordinamento vige il cosiddetto principio di bigenitorialità, che è una presunzione legale in base alla quale si ritiene che un bambino sia detentore del diritto a mantenere un rapporto stabile con entrambi i genitori, anche nel caso questi siano separati o divorziati; in ossequio a tale principio, uno dei primi istituti a tutela dell'interesse del minore è il riconoscimento.
Tramite tale procedura un bambino acquista lo status di figlio con consequenziale attribuzione di diritti e di doveri sia in capo a quest'ultimo sia in capo ai genitori. Mentre per la madre vige la presunzione di maternità della donna partoriente per l'uomo il riconoscimento della paternità è costituito da una dichiarazione da parte dello stesso.
Il riconoscimento di paternità
Preliminarmente occorre soffermarsi sul riconoscimento di paternità e sulle modalità previste dalla normativa per l'esercizio di tale diritto.
Per ciò che concerne il figlio nato da donna coniugata, opera, di regola, la presunzione di paternità in capo al marito della madre, a fronte dell’ulteriore presunzione di concepimento in costanza di matrimonio
Per i figli nati invece al di fuori del matrimonio, si rende necessario il riconoscimento, da parte di (uno o di) entrambi i genitori (ovvero, in alternativa, la dichiarazione giudiziale della filiazione).
La dichiarazione di riconoscere un figlio nato fuori del matrimonio è un atto solenne e irrevocabile e deve essere alternativamente formalizzata:
- nell’atto di nascita;
- in una dichiarazione davanti all’Ufficiale dello stato civile;
- in un atto pubblico (sono quelli redatti davanti ad un pubblico ufficiale, quale ad es. un notaio);
- in un testamento (qualsiasi sia la forma).
- in una domanda presentata al Giudice Tutelare.
Il riconoscimento contenuto in un testamento produce i suoi effetti solo dal giorno in cui è morto il testatore. Una volta effettuato, il riconoscimento non può più essere revocato (neppure tramite testamento).
Per poter effettuare il riconoscimento è necessario aver compiuto il quattordicesimo anno di età; se il genitore non ha ancora compiuto quattordici anni, e quindi, non può riconoscere il figlio, quest’ultimo non può essere posto in stato di adottabilità fino al raggiungimento, da parte del genitore stesso, dell’età necessaria per il compimento del riconoscimento a condizione che, nel frattempo, il minore sia assistito dal genitore naturale o dai parenti.
Il riconoscimento può essere fatto sia da entrambi i genitori sia da uno solo di essi (in questo caso, però, non vi possono essere indicazioni che riguardino l’altro genitore e, se ci sono, sono senza effetto).
Se uno dei genitori ha già effettuato il riconoscimento, l’altro genitore che intenda farlo deve ottenerne il consenso. Se il consenso viene rifiutato, il genitore può rivolgersi al tribunale che, valutato l’interesse del figlio, può concedere un’autorizzazione.
Se il figlio da riconoscere ha già sedici anni, ne occorre il consenso.
Con la legge n. 219 del 2012 e la successiva integrazione del D.lgs. 154/2013, il figlio nato fuori dal matrimonio può essere riconosciuto dalla madre e dal padre, anche se già uniti in matrimonio con un’altra persona all’epoca del concepimento.
Ma cosa succede se il padre non ha potuto riconoscere il proprio figlio perchè la madre non lo ha informato della paternità?
La gravidanza nascosta dalla donna al presunto padre
Nel nostro ordinamento non vige alcuna norma che disciplina tale casistica.
Tuttavia, proprio in ragione di tale lacuna normativa e stante altresì la rilevanza degli interessi in gioco, la Giurisprudenza si è trovata in più occasioni a pronunciarsi nel merito della vicenda.
La stessa è ormai unanime, difatti, nell'evidenziare come la mancata comunicazione della paternità da parte della donna al presunto padre costituisce un atto illegittimo che si pone in chiaro contrasto in primo luogo con l'interesse del minore.
Il mancato riconoscimento del nato, derivante dal non aver avuto notizia della gravidanza, viola il diritto del minore di avere sia un padre che una madre. Viola, in buona sostanza, il diritto del minore ad un sano sviluppo psicologico (Cass. Civ. 4762/2018).
Difatti, l’omesso riconoscimento, crea una violazione dell’interesse del minore che è sia di natura patrimoniale che non patrimoniale, e che può generare un’azione di risarcimento del figlio nei confronti della madre.
Non solo, con la pronuncia n. 8459 del 5 maggio 2020 la Corte di Cassazione ha definitivamente regolato la disciplina, stabilendo che l’omessa informazione del concepimento da parte della donna consapevole della paternità si traduce in un comportamento illegittimo, suscettibile di richiesta di risarcimento ai sensi dell’art. 2043 c.c., se fatto con dolo o colpa, perché suscettibile di arrecare un pregiudizio, che può essere qualificato come danno ingiusto, al diritto del padre naturale di affermare la sua identità di genitore, vale a dire, di ristabilire la verità sul rapporto di filiazione.
Secondo la Corte di Cassazione sussiste un diritto alla identità personale, ancorato all'art. 2 Cost. ed all'art. 30 Cost, comma 4.
Tale interesse di rango costituzionale impone l'obbligo di garantire "... l'esplicazione della personalità dell'essere umano, nelle formazioni sociali in cui opera, anche attraverso la filiazione, sia sotto il profilo della trasmissione del proprio patrimonio genetico, sia sotto l'aspetto maggiormanete qualificante più propriamente relazionale".
Unica eccezione è costituita da un oggettivo e apprezzabile interesse del figlio.; difatti, è possibile nascondere la paternità solo in casi estremi, nei quali la rilevazione di paternità potrebbe creare un grave pregiudizio in capo al bambino.
Ad esempio la sentenza della Cassazione n. 23913/2012 non ha permesso il riconoscimento del figlio ad un soggetto ritenuto un criminale, cioè una persona stabilmente inserita nella criminalità organizzata oppure detenuta per gravi reati.
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