La Cassazione conferma che l'istituto scolastico non è in ogni caso da considerare un luogo di privata dimora pertanto l'autorizzazione del Magistrato alle intercettazioni ambientali, volte a smascherare i maltrattamenti su minori, non aveva violato i limiti dell' art. 266 c.p.p. sulla violazione di domicilio.
Le indagini erano partite da una denuncia sporta dalla madre di un alunno a cui si erano aggiunte le dichiarazioni di altri genitori, supportati anche dalle intercettazioni ambientali operate presso la struttura educativa.
Visionato il materiale i giudici non avevano avuto dubbi nel ritenere sussistente la gravità indiziaria a carico dei quattro indagati, con riferimento a più episodi di maltrattamenti su minori di età compresa tra i 3 e i 4 anni.
Le registrazioni in possesso degli inquirenti ritraevano “il palese clima di tensione emotiva sistematicamente instaurato all’interno della scuola” fatto di reazioni esagerate da parte degli educatori: violenze fisiche, verbali e psicologiche che arrivavano addirittura alla limitazione dei movimenti.
Il ricorso per Cassazione di uno degli avvocati degli imputati verteva sul fatto che le intercettazioni avrebbero violato i limiti di quanto disposto dall'art. 266 c.p.p. e pertanto, configurando il reato di violazione di domicilio, sarebbero state inammissibili.
Gli Ermellini hanno chiarito che gli istituti scolastici di istruzione, seppur l'accesso sia limitato e controllato, non sono configurabili quali «luoghi di privata dimora, nell’ambito del quale rientrano esclusivamente i luoghi non aperti al pubblico, né accessibili a terzi senza il consenso del titolare e nei quali si svolgono non occasionalmente atti della vita privata» (Cass. Sez. 5, n. 51113 del 2017) ((es. bagni privati o spogliatoi, area riservata di uno studio professionale o medico)
Il Tribunale del riesame di Bari aveva giustamente ritenuto che il provvedimento di autorizzazione delle attività di intercettazione ambientale eseguite presso la scuola materna in oggetto, rispettava i limiti stabiliti dall’art. 266 c.p.p., non trattandosi di una privata dimora (“Negli stessi casi è consentita l’intercettazione di comunicazioni tra presenti , che può essere eseguita anche mediante l’inserimento di un captatore informatico su un dispositivo elettronico portatile. Tuttavia, qualora queste avvengano nei luoghi indicati dall’articolo 614 del codice penale, l’intercettazione è consentita solo se vi è fondato motivo di ritenere che ivi si stia svolgendo l’attività criminosa”).
La Cassazione pertanto rigetta il ricorso e conferma le misure cautelari a carico degli imputati.
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