La decisione di non effettuare più il banchetto di nozze nella villa scelta in prima battuta comporta il risarcimento del danno nei confronti del titolare, con il quale è stato stipulato un contratto di banqueting.
Sia i giudici del Tribunale che quelli della Corte d’appello, preso atto del recesso esercitato dai promessi sposi, danno ragione al titolare della villa, posizionata in Abruzzo e utilizzata per i matrimoni. Secondo i giudici è legittimo il diritto di recesso esercitato dalla coppia, che può aver cambiato idea per quanto concerne la location, ma legittimo è anche il loro obbligo al risarcimento del danno verso il titolare della struttura.
Avverso la sentenza d’appello gli sposi propongono ricorso per Cassazione che,con ordinanza n. 9937/2019 dello scorso 9 aprile, respinge il ricorso e sancisce in via definitiva il diritto del titolare della villa ad essere risarcito dei danni provocati dal ripensamento dei clienti, condannando inoltre gli stessi al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese di giudizio di legittimità, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi e agli accessori come per legge.
La clausola inserita nel contratto di banqueting, stipulato tra le parti e che sancisce una sorta di trattativa individuale, è del tutto legittima e indica la facoltà assicurata al cliente di poter esercitare il diritto di recesso dal contratto solo dietro pagamento di una 'penale' ossia un corrispettivo a titolo di risarcimento del danno.
Per i giudici, in sostanza, non si può parlare di “clausola vessatoria”, né si può ipotizzare che la cifra da pagare in caso di recesso, prevista nell’accordo tra sposi e ristoratore, possa essere letta come “espressione di un significativo squilibrio contrattuale”
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