Le recenti sentenze dei Tribunali di Parma e Caltanissetta impongono ai genitori uno stretto controllo sulle attività online dei figli in modo da prevenire o scongiurare attività che possano essere di ostacolo a una crescita equilibrata del minore.
Il telefono cellulare in tasca ai figli minorenni rappresenta da una parte una comodità per gli stessi genitori, che possono raggiungere i propri ragazzi in ogni momento e in ogni dove, dall'altra costituisce un pericolo a portata di mano, a causa del materiale pornografico e pedopornografico che circola senza filtri sul web.
Nell'ultimo anno sono state poste all'attenzione dei giudici due casi emblematici di accesso a del materiale sessualmente esplicito, che ha visto come protagonisti alcuni ragazzini in età scolare.
In particolare ha riguardato la competenza dei giudici di Parma la fattispecie di un minore che, con altri compagni di classe, è stato vittima di un reato informatico messo in atto da terzi tramite la diffusissima applicazione WhatsApp; nello specifico sono stati inviati su una chat di gruppo, a cui erano iscritti più di 100 utenti, alcuni filmati dal contenuto pedopornografico.
Il Tribunale di Parma, con la sentenza numero 698 del 2020, ha disposto che i genitori hanno l'obbligo di monitorare con costanza gli smartphone e i computer dei figli minorenni, predisponendo gli appositi filtri di controllo.
Concretamente i contenuti presenti sui telefoni cellulari dei minori devono essere oggetto della costante supervisione sia da parte della madre che da parte del padre cercando in tal modo di prevenire quelle condotte errate del minore, dettate dall'ingenuità o dall'imprudenza.
In un secondo caso, su segnalazione di una Stazione dei Carabinieri di Caltanissetta, è stato aperto un procedimento nei confronti di un minore, che, in concorso con altri coetanei, "per motivi abbietti e futili, profittando di circostanze di tempo, di luogo e di persona tali da ostacolare la privata difesa, con condotte reiterate", molestava una coetanea, sempre a mezzo social; alla ragazzina, vittima del reato, veniva cagionato un duraturo e grave stato di ansia e di paura, che l'ha costretta a cambiare le proprie abitudini di vita, per il timore fondato di vedere compromessa la propria incolumità e quella dei propri cari.
Analogamente alla magistratura di Parma, anche i giudici di Caltanissetta, nell'ottobre dello scorso anno, hanno dato atto della necessità di operare un bilanciamento tra il diritto alla manifestazione del pensiero e la necessità di tutela dei minori.
Infatti il Tribunale individua nella protezione della dignità del minore, da attuarsi attraverso l'attivazione di sistemi di parental control, un limite alla libertà di manifestazione del proprio pensiero a mezzo social.
In conclusione sta andando consolidandosi in giurisprudenza l'assunto per cui i mezzi tecnologici siano fonte di un pericolo per i ragazzi, al punto tale da necessitare la supervisione da parte dei genitori.
Pertanto i giudici fanno rientrare negli obblighi afferenti la responsabilità genitoriale, oltre a quello di impartire al minore un'adeguata educazione all'utilizzo dei mezzi di comunicazione, anche l'obbligo di compiere una vera e propria attività di vigilanza, attivando gli appositi filtri di parental control sui dispositivi acquistati ai figli.
L'attivazione di tali meccanismi di supervisione dell'accesso al web dei ragazzi deve consistere in una limitazione, sia quantitativa che qualitativa, delle ricerche online a disposizione del minore.
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