Quando i rapporti di coppia iniziano a incrinarsi, nella maggior parte dei casi, si giunge alla separazione dei coniugi.
Entrambi cercheranno di accusarsi vicendevolmente al fine di trovare la motivazione che ha causato la rottura definitiva della relazione; proprio tali accuse possono fondare la richiesta di addebito della separazione.
Le motivazioni per le quali un rapporto può naufragare sono quantomai varie: dal marito che cerca avventure sui siti di incontri, ai messaggi compromettenti trovati sul cellulare della moglie, alle eccessive ingerenze della suocera.
E le accuse di omosessualità mosse al partner possono fondare una richiesta di addebito?
La moglie accusa il marito e chiede l'addebito
La recente vicenda nasce dalla separazione giudiziale di una coppia di coniugi (per estrema chiarezza, si ricorda che solamente in questa tipologia di separazione può essere richiesto l'addebito e non anche nella separazione consensuale).
Entrambi, in primo grado, avevano presentato una domanda di addebito a carico l'uno dell'altro e, nello specifico, il marito aveva imputato alla moglie la fine dell'unione coniugale, la quale aveva reso la convivenza intollerabile a causa delle continue dichiarazioni, esternate anche con i suoi colleghi di lavoro, di un cambiamento "nei gusti sessuali" del marito stesso.
Le conseguenze della separazione con addebito
Si rammenta che la sentenza di separazione con addebito comporta delle conseguenze patrimoniali: l’addebito, infatti, ha natura sanzionatoria, poiché il coniuge ritenuto responsabile della conclusione della relazione, perde il diritto di percepire l’assegno di mantenimento e perde, altresì, i diritti successori.
L'unica eccezione prevista è il diritto agli alimenti, che verrà corrisposto solo in caso di bisogno.
Tornando alla vicenda coniugale, entrambe le istanze vengono rigettate e il medesimo destino seguirà l'appello proposto dal marito contro la pronuncia di addebito, negata ad entrambi, e contro l'assegno di mantenimento attribuito alla moglie.
Contro tale provvedimento l'uomo decide di proporre ricorso in Cassazione.
La pronuncia della Cassazione
Tutta la questione ruota intorno, in particolare, alle accuse di omosessualità mosse dalla moglie ed espresse alla presenza di terzi. Ciò che si intende stabilire è se tali dichiarazioni possano comportare una dichiarazione di addebito della separazione.
L'addebitabilità, però, per venire pronunciata deve rispettare alcune condizioni:
1. Deve essere presente una violazione dei doveri coniugali, così come stabiliti nel Codice Civile;
2. Deve sussistere il nesso causale: cioè la violazione deve essere la causa scatenante della crisi coniugale che ha portato alla separazione.
Nel caso in esame queste condizioni sono rispettate?
La scoperta dell'omosessualità è "evoluzione del rapporto matrimoniale"
L'omosessualità è stata più volte presa in considerazione dalla giurisprudenza, proprio per le sue conseguenze sull'unione matrimoniale. I giudici hanno più volte spiegato che: la “scoperta” della propria omosessualità da parte del coniuge costituisce una, non addebitabile, “evoluzione” del rapporto matrimoniale e di conseguenza una circostanza non ascrivibile alla violazione dei doveri nascenti dal matrimonio (Trib. Milano, 19 marzo 2014).
Nel caso, invece, di una relazione omosessuale - il tradimento del coniuge - rientra nella violazione dell'obbligo di fedeltà, previsto dall'articolo 143 c.c., e dunque è causa di addebito, sempre che sia accertato il nesso causale tra l'adulterio e l'intollerabilità della convivenza.
Nel caso di specie, centrali, sono i tempi della vicenda: le accuse al coniuge di omosessualità, in quanto offensive nei suoi confronti e violative del rispetto della privacy soprattutto sul luogo di lavoro del marito, ben avrebbero potuto essere causa dell'intollerabilità della convivenza, ma come accertato dal giudice di merito, l'unione coniugale era già in crisi da tempo.
Tale orientamento della Corte è più che consolidato, in quanto si sostiene da tempo che, ai fini della dichiarazione di addebito, è necessaria la presenza di un nesso di causalità tra i comportamenti addebitabili e il determinarsi dell'intollerabilità nella prosecuzione della convivenza.
La corte sottolinea come il rapporto matrimoniale si era già incrinato prima che la donna esternasse a terzi la presunta omosessualità del marito, tanto che l'uomo si era allontanato da casa per un periodo, e conseguentemente la separazione non può esserle addebitata.
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