Ascolta "Quando i genitori sono responsabili dei danni causati dai figli?" su Spreaker.
Essere genitori costituisce uno dei compiti tra i più impegnativi e difficili, a cui effettivamente nessuno viene preparato. Difatti, sussiste un'importante responsabilità dei genitori nel crescere ed educare il proprio figlio, preparandolo anche al vivere civile.
Non tutti hanno ben chiaro però che, nel caso in cui il figlio minore si renda responsabile di un fatto illecito, il genitore può essere chiamato a rispondere civilmente per il fatto illecito del figlio minore.
Quando i genitori sono responsabili per i danni causati dai figli minori?
Il padre e la madre di un minore sono responsabili per i danni causati dal proprio figlio alternativamente in qualità di genitori, ai sensi dell'art. 2048 c.c., oppure in quanto obbligati alla sorveglianza di un incapace, ai sensi dell'art. 2047 c.c.
Quando si risponde in qualità di genitore e quando in qualità di sorvegliante?
L'art. 2046 c.c. costituisce premessa necessaria al fine di meglio comprendere la ratio della responsabilità dei genitori per l'illecito del minore e la differenza sopra delineata.
Difatti, tale disposizione prevede che: "non risponde delle conseguenze dal fatto dannoso chi non aveva la capacità d'intendere o di volere al momento in cui lo ha commesso, a meno che lo stato d'incapacità derivi da sua colpa”.
In riferimento al minore, è bene ricordare che lo stesso può essere dotato di capacità naturale, cioè di intendere e di volere, anche se non dotato di capacità d'agire ai sensi dell'art. 2 c.c. che, diversamente, si acquista solo con il compimento della maggiore età.
Pertanto, la minore età, di per sé, non esclude l'imputabilità dell'autore del danno, né l'obbligo di costui al risarcimento del danno, ma cambia la responsabilità dei genitori che risponderanno, in concorso con il minore, dell' illecito da lui commesso ai sensi dell'art. 2048 c.c., nel caso in cui lo stessso sia stato dichiarato capace di intendere e di volere, invece, risponderanno in esclusiva, ai sensi dell'art. 2047 c.c., nel caso il minore sia stato dichiarato incapace.
La responsabilità del genitore del minore incapace
L'art. 2047 c.c. prevede al comma 1 che :" In caso di danno cagionato da persona incapace di intendere o di volere, il risarcimento è dovuto da chi è tenuto alla sorveglianza dell'incapace, salvo che provi di non aver potuto impedire il fatto".
Alla luce di tale norma, il genitore del minore dichiarato incapace risponde dell'illecito da questi causato per essersi reso inadempiente del proprio obbligo di sorveglianza, che sorge in capo al genitore per il solo fatto della filiazione.
Non si tratta, dunque, di una responsabilità per fatto altrui, bensì per fatto proprio, in quanto il sorvegliante (genitore) risponde dell'illecito del sorvegliato (figlio) per non aver adempiuto al proprio obbligo di sorveglianza.
I presupposti su cui trova fondamento la responsabilità ex art. 2047 c.c. in capo ai genitori, dunque, sono due: l'illecito del minore incapace e il non aver impedito l'illecito.
In primo luogo, dovrà essere provato che il minore al momento del fatto non era capace di intendere e volere, onere probatorio questo incombente in capo al danneggiato.
Per aversi incapacità di intendere e di volere, è necessario che essa sia di tale intensità da impedire al minore di valutare l’importanza dei suoi atti e di formare una propria cosciente volontà.
Una volta provata l'incapacità di intendere e di volere del minore, competerà poi ai genitori, chiamati in causa, offrire la prova liberatoria, consistente nella dimostrazione "di non aver potuto impedire il fatto".
Secondo la dottrina, questa consiste nella prova dell’impossibilità di impedire il fatto dovuta ad una causa non imputabile al genitore, similmente a quanto previsto dall’art. 1218 c.c., e non anche in quella di aver impartito un’adeguata educazione al figlio.
La responsabilità del genitore del minore capace
La responsabilità del genitore del minore capace, disciplinata dall’art. 2048 c.c., invece, si differenzia dalla responsabilità ex art. 2047 c.c. perchè il genitore, nel caso di specie, risponde sia in qualità di sorvegliante sia in qualità di educatore.
Dunque, nel caso in cui il minore venga dichiarato capace di intendere e volere, oltre alla responsabilità propria del minore, concorre quella dei genitori. Si tratta di una responsabilità solidale ai sensi dell'art. 2055 c.c.
L'art. 2048 c.c. Dispone al comma 1 che: "Il padre e la madre, o il tutore, sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei figli minori non emancipati o delle persone soggette alla tutela, che abitano con essi".
Al comma 3, invece, viene indicato che costoro possono liberarsi “dalla responsabilità soltanto se provano di non aver potuto impedire il fatto”.
La dottrina maggioritaria ha precisato che si tratta di un’ipotesi di responsabilità presunta, sotto il duplice profilo della culpa in vigilando e di quella in educando del genitore.
I presupposti necessari, affinchè il padre e la madre vengano chiamati a rispondere del danno causato dal proprio figlio, sono: l'illecito del minore, la coabitazione del minore con i genitori e il non aver impedito il fatto illecito.
In merito alla coabitazione, la Giurisprudenza è unanime nel precisare che tale presupposto trova giustificazione nella circostanza che “solo la convivenza può consentire l'adozione di quelle attività di sorveglianza e di educazione, il cui mancato assolvimento giustifica la responsabilità medesima” (Cass. civ. nn. 11198/2019, 2197/1979).
In riferimento, invece, alla prova liberatoria "di non aver impedito il fatto", i genitori dovranno provare di aver svolto nei riguardi del figlio una vigilanza adeguata e di avergli impartito un’idonea educazione, tale da indirizzarlo ad una corretta vita di relazione.
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