Secondo la Cassazione sentenza 7518/2021 non è mai possibile riconoscere finalità educativa alle percosse e alle sberle nei confronti dei bambini, questo comportamento integra il reato di maltrattamenti.
Violenza in famiglia o metodi correttivi?
La figlia più grande di una coppia di genitori decide di confidarsi con un’insegnante a cui rivela di essere picchiata dai suoi genitori, i quali hanno sia problemi economici sia problemi di dipendenze da alcool, di non avere tempo per fare i compiti e studiare in quanto è costretta tutti i giorni ad occuparsi della sorella minore, oltre che al disbrigo delle faccende domestiche, e di essere sottoposta a una adolescenza piena di limitazioni che le impediscono di crescere in maniera spensierata.
Il racconto all’insegnante comporta la diretta attivazione dei servizi sociali, i quali, dopo aver allontanato le figlie dalla famiglia, affermano la loro capacità di testimoniare in sede d’incidente probatorio all’esito del quale i Giudici di merito confermano la condanna per maltrattamenti nei confronti dei due genitori.
Le dichiarazioni del minore sono attendibili?
I due genitori decidono, pertanto, di ricorrere in Cassazione contestando da un lato la capacità a testimoniare della figlia a causa delle numerose contraddizioni e dall’altro le dichiarazioni dell’insegnante, in quanto quest’ultima ha conosciuto i fatti da una semplice alunna che può aver inventato tutto.
La Corte di Cassazione ritiene i ricorsi di entrambi i genitori inammissibili sottolineando la capacità della figlia di raccontare la vicenda in modo costante in tutte le fasi, dal racconto alla maestra fino alle dichiarazioni rese in seguito.
A riprova dell’attendibilità della minore ci sono anche i suoi racconti, nei quali delinea espressamente le modalità e gli strumenti utilizzati (sberle, colpi con un bastone o con il manico di scopa) e le testimonianze rilasciate, le quali hanno affermato la dipendenza da alcool del padre, i lividi sui corpi delle minori e l’abbandono in casa da sole.
La differenza tra maltrattamenti e abuso di mezzi di correzione
La Corte di Cassazione specifica, inoltre, che l’uso della violenza, non integra la fattispecie di “abuso di mezzi di correzione”, ma qualifica il più grave delitto di “maltrattamenti”; è stato anche sottolineato che la differenza tra il delitto di “abuso di mezzi di correzione” e il delitto di “maltrattamenti” non può rinvenirsi nell’intensità utilizzata nelle percosse violente in quanto l’uso della violenza per fini educativi o correttivi non è mai consentito.
Poiché il contesto di violenza che ha caratterizzato il rapporto dei genitori con le figlie era privo di qualsiasi finalità educativa, come rilevato dai giudici di merito, il reato è stato correttamente qualificato come maltrattamenti familiari in quanto le percosse, i pesi, le limitazioni e le vessazioni imposte non hanno fatto altro che soffocare il percorso di crescita delle bambine, oltretutto aggravate dal fatto che si sono verificate in presenza della figlia minore di 3 anni che in tal caso si considera persona offesa in quanto spettatrice involontaria delle violenze subite dalla sorella (violenza assistita).
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