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Abuso del diritto nel comodato ad uso gratuito della casa familiare

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La Corte di Cassazione Civile, con l’ordinanza n. 26541/2021 si è occupata di una fattispecie particolarmente complessa: un uomo, poco prima della separazione personale, alienava al proprio padre l'immobile in cui viveva con la moglie e la figlia; successivamente il genitore, padre dell'uomo, stipulava per la durata di sei mesi un contratto di comodato gratuito in favore del figlio.
Nel corso di queste vicende negoziali, si inserisce il procedimento per la separazione e il successivo divorzio dei coniugi, al termine del quale la donna ottiene l'assegnazione della casa familiare, in quanto genitore collocatario della figlia.
Da ultimo poi, trascorsi oramai due anni dall'atto di compravendita, il genitore comodante chiedeva il rilascio dell’immobile occupato dalla ex moglie del figlio.


La donna, rimasta sino ad allora ignara dell’intervenuta compravendita padre-figlio e del conseguente contratto di comodato, si opponeva alla richiesta di rilascio dell'immobile, nonché alla richiesta di pagare € 300,00 mensili sino alla data dell'effettiva liberazione della casa, affermando che la stessa era destinata ai bisogni della famiglia e che la compravendita intervenuta tra padre e figlio rappresentava un’ipotesi di abuso del diritto, in quanto diretta ad eludere la disciplina che consente alla moglie collocataria della prole di ottenere l’assegnazione dell'abitazione familiare.

In primo grado, il giudice accoglieva le doglianze della donna; invece, in appello, veniva accolta la domanda dell'ex marito, con conseguente condanna dell'ex moglie al rilascio del bene immobile.

A seguito della soccombenza in appello, la donna proponeva ricorso in Cassazione con diversi motivi, tra i quali:

• La compravendita della casa era avvenuta poco prima del deposito del ricorso per il procedimento di separazione, infatti la lettera con cui la moglie annunciava la volontà di separarsi era del 14.03.2014 e l’atto di compravendita del 17.03.2014;

• Il suocero della donna aveva chiesto il rilascio due anni dopo lo spirare del termine del comodato, stipulato in data 01.04.20214 e avente scadenza 01.10.2014, senza opporsi alla permanenza della nuora nell’appartamento.

Abuso nel contratto di comodato ad uso gratuito

La Suprema Corte accoglie le doglianze della donna sottolineando in primis che per quanto il contratto di comodato della durata di sei mesi fosse stato concluso tra padre e figlio, il comodatario effettivo risulta essere l'ex moglie, e ciò a causa degli effetti che discendono dal provvedimento di assegnazione della casa familiare.

Proprio in merito a tale provvedimento, la Corte richiama la Sent. delle Sezioni Unite n. 1603/2004 nella quale statuiva che “l'assegnazione in favore del coniuge affidatario dei figli non modifica la natura ed il contenuto del titolo di godimento sull'immobile (il comodato), ma determina una concentrazione, nella persona dell'assegnatario, di detto titolo di godimento, con la conseguenza che il comodante è tenuto a consentire la continuazione del godimento del bene per l'uso previsto nel contratto”.

Infine, sempre in tema di comodato avente ad oggetto un immobile destinato a casa familiare, la Corte ricorda che tale comodato rientra in quelli a termine, regolamentati dall'art. 1809 del Codice Civile, di conseguenza il comodante, per richiedere la restituzione del bene, deve dimostrare un bisogno urgente.
Circostanza smentita dalla mancata opposizione del comodante alla permanenza della donna nell’appartamento.

Da ultimo, la Corte si sofferma anche sull'operazione negoziale avvenuta tra padre e figlio, evidenziando come la stessa risulti essere strumentale al perseguimento dell'obiettivo di evitare la perdita della disponibilità dell'immobile in capo all'ex marito.
Pertanto, può ravvisarsi un'ipotesi di abuso del diritto stante l'intento di eludere le finalità normative perseguito con i diversi contratti conclusi tra le parti.

L'abuso del diritto

L'ipotesi di abuso del diritto si può configurare quando si utilizza uno schema formale lecito (come i negozi di compravendita e comodato, previsti dal nostro ordinamento) per perseguire obiettivi diversi da quelli voluti dal legislatore (evitare di perdere il godimento del bene immobile attraverso l'alienazione e il successivo comodato).

La conseguenza del comportamento abusivo è il rifiuto da parte dell'ordinamento di tutelare i diritti, poteri e interessi posti in essere con comportamenti contrari alla buona fede oggettiva.

Nel caso in esame, infatti, sia in sede di separazione che di divorzio, né il coniuge separato né il di lui padre hanno mai opposto non solo la scadenza del contratto di comodato, ma neppure la sua esistenza, dimostrandosi in totale mala fede.

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