Ascolta "Separazione e collocamento: i figli vivono sempre con la mamma?" su Spreaker.
Nel momento in cui un rapporto di coppia volge al termine, è luogo comune credere che, in caso vi siano dei figli, questi andranno ad abitare sempre e comunque insieme alla madre e il padre li potrà incontrare solo seguendo il calendario di visite stabilite dal Tribunale.
A questo punto fondamentale è innanzitutto la distinzione tra affidamento e collocamento dei figli minorenni, per tale ragione occorre fare un po' di chiarezza.
In primo luogo, a seguito della separazione si "creano" due figure che non devono essere confuse:
- Il genitore affidatario: caratteristica che discende dalla tipologia di affidamento stabilito dalla sentenza, che rappresenta l'insieme dei poteri relativi alla responsabilità genitoriale, quindi la possibilità di assumere le decisioni di maggiore interesse per i propri figli, come per esempio quelle inerenti all'istruzione o alla salute. L'affidamento può essere congiunto, esclusivo o super-esclusivo.
- Il genitore collocatario: caratteristica che discende dal collocamento dei figli e individua il luogo e di conseguenza il genitore presso cui gli stessi vivranno. Il collocamento può essere paritario (ipotesi al momento ancora piuttosto rara), prevalente presso il padre ovvero presso la madre, con conseguente regime di visita imposto al genitore non collocatario le cui modalità vengono stabilite dal giudice.
Chi debba essere nominato genitore collocatario può essere deciso anche dalle parti medesime, se la separazione è di tipo consensuale e quindi i coniugi sono riusciti a trovare un accordo in merito a tutti gli aspetti legati alla decisione di non essere più una coppia.
Nel caso in cui i genitori non riescano a trovare un accordo, anche per quanto riguarda il collocamento dei figli, allora interverrà il Giudice, il quale sceglierà il genitore in base al prevalente interesse del minore.
Il Giudice, infatti, è tenuto obbligatoriamente a sentire i figli se questi abbiano più di 12 anni o, se inferiori a questa età, dovrà ascoltarli quando ritenuti capaci di discernimento. Di conseguenza dovrà tenere anche in considerazione, per quanto non ne sarà vincolato, le dichiarazioni e le preferenze espresse dai figli medesimi.
L'interesse superiore del bambino
Chiariti questi punti, è il caso di capire come effettivamente venga scelto il genitore collocatario.
Soprattutto negli anni precedenti, la Corte di Cassazione (Sent. n. 18087/2016) aveva sostenuto un principio di "prevalenza materna" in caso di separazione dei coniugi, in quanto ritenuta più idonea all'accudimento dei figli, in particolare se ancora in età prescolare.
Successivamente, il Tribunale di Milano, con il decreto del 19 ottobre 2016 ha bloccato, con decisione, ogni fondamento di ipotizzata prevalenza del criterio della “maternal preference” come guida stabilita per il giudice nella scelta del miglior genitore per il collocamento dei figli.
Il principio fondatore di tale decisione deriva direttamente dall'art. 337-ter c.c. che, in luogo della preferenza dell’uno o dell’altro genitore pone al centro del sistema la parità genitoriale, infatti se il giudice ritiene di preferire la madre rispetto al padre è perché quest’ultimo deve essere ritenuto non adeguato e non perché la prima debba essere ritenuta "superiore" sulla base di un non meglio precisato ordine naturale delle cose.
In una sentenza più recente la Corte di Cassazione ha cambiato orientamento ponendo alla base dell'ordinanza n. 30191/2019 proprio tale principio, ribadendo che il collocamento di ciascun figlio deve essere disposto garantendo al minore sia la stabilità morale e materiale, che il senso di sicurezza e continuità minato dalla conflittualità genitoriale.
Con tale pronuncia la Cassazione ha rigettato il ricorso di una mamma finalizzato a contestare il provvedimento con cui è stato disposto il collocamento della figlia minore, in via preferenziale, presso il padre.
Per gli Ermellini la Corte d’Appello ha applicato correttamente il principio per cui il giudice deve tenere conto della condotta dei genitori, della loro disponibilità e capacità di creare un rapporto positivo con la prole.
Nel caso di specie è emerso che il padre era il genitore in grado di assicurare alla minore una maggiore regolarità educativa e di vita, mentre la madre era risultata più distante emotivamente e più permissiva.
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